Il parere dichiarato THEODORE PARKER, nella lettera che abbiamo pubblicato ieri, preferendo una monarchia costituzionale come quello della Gran Bretagna per una repubblica come la nostra, non è, dopo tutto, indicano quasi quanto sembra indicare, come lui, evidentemente, in compagnia di un Earl GREY e altri, che si affacciava su un fatto di notevole importanza nella polemica che sta avvenendo oggi per merito comparativo delle istituzioni dei due paesi.
È il fatto che nei rapporti del popolo con l’Esecutivo, quest’ultimo è molto più alla mercé della popolazione in Inghilterra che qui; in altre parole, la nostra democrazia è in realtà meno “sfrenata” della democrazia inglese. Da quando l’approvazione del Reform bill ha portato la Camera dei Comuni in stretta dipendenza dal popolo, nulla è stato più notevole della perdita di vigore, di coerenza e di energia che la politica britannica, e in particolare la sua politica estera, ha subito; e la ragione è stata che l’Esecutivo è in balia di fazione. Un voto negativo si rivela sul posto.
Questo non è mai stato illustrato più curiosamente dell’anno scorso, nei rapporti dell’Inghilterra con la questione italiana. Durante i primi sei mesi del 1859, tutta la sua influenza fu esercitata dalla parte dell’Austria. Nei sei mesi successivi fu esercitata: dalla parte dell’Italia. Il nostro Presidente occupa una posizione analoga a quella del Primo Ministro or o “primo Signore del Tesoro”; ma la nostra Costituzione gli consente di sfidare l’opinione pubblica per quattro anni, mentre il Premier deve abdicare nel momento in cui si dichiara contro di lui. In altre parole, se JAMES BUCHANAN ha ricoperto la carica con lo stesso mandato di Lord. PALMERSTON, avrebbe dovuto liberarlo entro sei mesi dalla sua elezione. In modo che, in realtà, anche se non di nome, la Democrazia degli Stati Uniti ha un’influenza meno diretta sul corso del governo generale di quella della Gran Bretagna.
Se il nostro sistema sarebbe ora migliorato da assimilazione in questo senso con quello dell’Inghilterra, o quello dell’Inghilterra da assimilazione al nostro, sono questioni che non stiamo discutendo ora. Commentiamo la differenza, per mostrare l’assurdità della fallacia in cui gli oratori parlamentari inglesi cadono costantemente, di stabilire tutte le “democrazie” nella stessa categoria con quelle dell’antica Grecia, con cui la loro educazione li ha resi più familiari. La democrazia americana in realtà assomiglia molto più alla monarchia costituzionale britannica che alla “repubblica” dell’antichità. Come noi, la Gran Bretagna non ha aristocrazia o nobiltà nel senso stretto di questi termini. I suoi nobili non sono nobili in senso continentale-una razza o una casta superiore-ma persone elevate, come i nostri Senatori, per scopi legislativi. I pari scozzesi e irlandesi, che sono elettivi e non trasmettono le loro funzioni legislative ai loro figli maggiori, come fanno i loro fratelli inglesi, non differiscono in alcun modo dai nostri senatori, se non nel mantenere la carica a vita invece di sei anni.